VIAGGIO INVOLONTARIO

Frammenti dal libro
a cura di Benedetto Gusano



Questo libro è stato stampato
per la quarta edizione di
Comunicare fa male
Fivizzano - luglio e agosto 1999



Nicola Fiorita

MICHELUZZO E IL LUPO




Chi ha visto ‘o lupo e se mise paura
non sapa bbuono qual'è ‘a verità
‘o vero lupo che magna ‘e creature
è ‘o piemontese che avimme e caccià



Ho quasi trent'anni e tutto va bene. Ho preso le analisi stamattina, niente di niente, il mio corpo resiste ancora, tanto agitarmi, tutto questo bere, questo fumare, questo insistere sempre un minuto di più di quello che sembrava possibile, tutta questa vita qui e nemmeno una piccola malattia infettiva. È iniziato dicembre oramai e ancora non passa la tristezza che ho dentro al corpo. C'è odore di pioggia nell'aria, Mara se ne è andata via prima che arrivasse l'inverno, i momenti più importanti li ha sempre scelti lei, mettendo da parte con leggerezza la sua insicurezza dei giorni normali. Hiv negativo, va tutto bene, solo qualche fitta al fegato qualche volta, così tanto per gradire, solo qualche fitta al cuore qualche volta, così tanto per ricordare. Epatite A, B e C negativo, si vede che faccio buon sangue a cattivo gioco.
Nemmeno il freddo che c'è fuori mi fa venir voglia di rimanere in questa stanza stanotte, non è il caldo che cerco evidentemente, ci vorrebbe qualcuno con cui aspettare il sonno, ci vorrebbe qualcuno che mi raccontasse una favola. Una buona compagnia, una bella voce, una bella storia che facesse da sottofondo alla malinconia, qualcosa che mi strappasse un sorriso in questo inizio d'inverno. Ma sono refrattario ai virus e alle buone notizie in questi giorni. Mara sosteneva che ho la voce soporifera, che le so raccontare le storie, magari mi basto da solo stanotte.
Quando ero uno studente alla fine del liceo avevo ancora i sogni borghesi di mio padre, aspettavo di crescere per fare l'avvocato, ogni tanto accompagnavo mio nonno per imparare, avevo fretta, scalpitavo impaziente, cercavo tribunali affollati, clienti gentili, colleghi sicuri e chilometri di strade che ci portavano dal mare alla montagna, che univano un fascicolo all'altro. Satriano è arroccato su una delle mille punte ruvide della Calabria, messo lassù per paura dei pirati e rimasto lassù per pigrizia o per paura del resto del mondo, un paese uguale a tanti altri, solo un po' più povero e disperato. Benvenuti a Satriano, comune denuclearizzato, gemellato con Richmond, Pennsylvania, benvenuti a Satriano, case basse, strade strette, una vecchia vestita di nero, piccola e gracile, porta sulla testa un cesto carico di roba, ha il corpo sformato, un uomo seduto sulla soglia di casa la saluta stancamente, ha l'anima sformata, qualcuno osserva dall'unico bar aperto, benvenuti a Satriano, la piazza è grande quanto la mia mano, vuota come la mia mano, il resto del paese è andato via un attimo, giusto il tempo di arrivare in America. Satriano per me era solo Micheluzzo, il suo viso rugoso e olivastro, il suo bastone, il suo fischio e le sue pecore, il suo corpo magro, la ricotta fresca che si spappolava nella bocca, che compravamo per casa ogni volta che ci trovavamo a passare di lì.
Micheluzzo a me voleva bene, a mio nonno lo rispettava, perché era l'avvocato più importante del paese, perché lo aveva visto crescere, perché gli poteva chiedere un consiglio senza doversi vergognare. Micheluzzo prendeva la ricotta fresca e si confidava "Vedete Avvocato, io così non ce la faccio più a vivere, voi che avete studiato, voi che sapete sempre tutto, che sapete cos'è giusto e cos'è sbagliato, voi mi dovete aiutare a me. Io ho una cosa dentro allo stomaco che non mi dà pace, un vuoto d'aria in pancia, un nodo che si attorciglia, un mostro che mi cresce dentro e che mi fa impazzire, io ho un lupo dentro allo stomaco Avvocato, un lupo che si agita, che si contorce, che mi rivolta il corpo, questo fa quello che vuole, arriva quando gli fa comodo, quando mi distraggo e non me lo aspetto, si sistema nella pancia e comincia a mordermi l'anima. Me la sta mangiando un pezzo per volta, senza fretta, senza pietà. Comanda lui Avvocato, non c'è verso di mandarlo via, comanda lui, decide il lupo ogni mia azione, ogni mio pensiero, mi piega le gambe, mi appesantisce il respiro, mi ammazza.
Questo è il mio lavoro, voi lo sapete Avvocato, io mi alzo alle cinque di mattina e vengo qui, non posso mica andare da un'altra parte, vengo qui e ogni giorno ci trovo l'erba, il sole, le pecore e il lupo. Ogni giorno è così, mi sdraio sotto un albero e guardo le pecore, le dovrei proteggere dai lupi, ma io il lupo me lo porto dentro Avvocato e non riesco mica a mandarlo via."
Poi la ricotta era pronta, nonno pagava, non diceva nulla, non si prendeva il resto e noi andavamo via, io mi voltavo dopo pochi metri e seguivo con lo sguardo il passo lento di Micheluzzo e del suo lupo che tornavano verso la loro solitudine, verso la loro guerra quotidiana.
"E che gli devo dire - mi spiegava mio nonno quando la macchina cominciava a muoversi - che gli devo dire io a Micheluzzo? Che ha scoperto l'inquietudine del vivere? Che un lupo dentro ce lo abbiamo avuto tutti una volta nella vita? Che queste cose le dicono anche Sartre, Camus, Cèline e cento altri? A cosa gli servirebbe? Capirà da solo che a fare la guerra con l'inquietudine c'è solo da rimetterci, che puoi gridare che sei più forte, che puoi farci a pugni, che puoi rialzarti mille volte, che puoi sparargli con il bazooka ma il lupo non lo ammazzi mai. Tra un uomo e la sua inquietudine vince sempre il lupo, devi solo imparare a conviverci, devi solo aspettare, bisogna solo abituarsi. Si perdono i capelli, si mettono gli occhiali, nascono e muoiono i lupi."
Le curve a gomito, strette e piene di buche, ci gettavano verso il mare, già a metà strada si cominciava a vedere quella distesa azzurra e luccicante, quella massa d'acqua lontana, io andavo verso il mare con la purezza di chi non aveva ancora mai avuto il lupo dentro, con l'ingenuità di chi si sentiva forte e navigato, tanto furbo e preparato da essere certo che il lupo non sarebbe venuto mai.
Dall'odore del mare all'odore dello smog c'erano una ventina di chilometri, quelli che mi riportavano in città, quelli che mi riportavano alle mie abitudini, ai compiti e alle interrogazioni, alla spensierata follia di chi si sente leggero e felice e pieno di energia. A Micheluzzo ci pensavo solo quando capitava un altro giro con mio nonno, allora speravo sempre che si dovesse passare da Satriano, a volte provavo anche a condizionare i programmi di mio nonno con la scusa della ricotta. Lui era sempre lì, con il suo volto impassibile che se lo guardavi dritto negli occhi non capivi mica cosa pensava e poi ti toccava abbassare lo sguardo, sconfitto, perché lui ti fissava pure, ed era uno sguardo infinitamente più duro del mio.
"Avvocato, voi non mi dite niente, manco uno straccio di consiglio, ma ‘sto lupo continua a crescere, diventa sempre più forte, occupa sempre più spazio e più tempo. E che, devo venire al vostro studio per avere un consiglio? Eh Avvocato, lo sapete che perlomeno ho trovato il modo di addormentarlo ‘sta maledetta bestia? Quando qua viene scuro, io chiudo per bene le pecore e me ne scendo in paese. A piedi ci metto una mezz'oretta, così frattanto apre l'osteria, io mi ci butto dentro e al terzo bicchiere di vino il lupo non c'è più. Dorme, non regge il vino, né le bestemmie dell'osteria. Chissà dove cazzo si rifugia, vorrei trovare il suo nascondiglio, sorprenderlo mentre dorme, farlo fuori una volta per tutte. Come fa lui che ogni tanto mi piomba addosso nel sonno. Mica muore lui, dorme soltanto, la mattina è di nuovo all'attacco, ricomincia a staccarmi lo stomaco a morsi, mi divora finanche il respiro.
Comunque ‘sto lupo è nato qui a Satriano e può vivere solo qui, io un giorno prendo e me ne vado a Milano da mio fratello. Sono sicuro che il lupo resta qui, perché dovrebbe seguirmi? E poi gliel'ho chiesto a mio fratello, i lupi in città non ci stanno Avvocato, a Milano non li hanno mai visti, io un giorno me ne vado e lo fotto ‘sto lupo, lo lascio da solo, che gliela vada a mangiare a qualcun altro l'anima."
La ricotta era pronta, mio nonno aveva già i soldi in mano, disse soltanto: "Michelù, Milano è lontana. Ed è grande. Ed è un altro mondo. Comunque, in bocca al lupo."
"Crepi il lupo" rispose Micheluzzo, e per la prima volta vidi un mezzo sorriso formarsi sul suo volto. Loro si salutavano così, senza una parola o uno sguardo in più, a me batteva il cuore, batteva il cuore, mi sembravano degli uomini così duri, mi sentivo gli occhi lucidi, a me batteva il cuore, non avrei pianto mai, non potevo mica piangere in quel momento, io ero un uomo forte, mi sentivo come loro, ma non ne ero così sicuro da poter fare a meno di dimostrarlo.
Due anni dopo avevo già dato qualche esame, Privato mezzo avvocato, ogni esame un dubbio, ogni manuale un'incertezza, ogni voto sul libretto dava uno scossone lieve alle mie sicurezze, iniziava a formarsi la mia personale inquietudine senza che riuscissi ad accorgermene. Andavo avanti perché così avevo deciso due anni prima, senza avere il coraggio di rimettermi in discussione, senza avere la capacità di guardarmi dentro. Due anni dopo mio nonno non ce la faceva più a guidare, ci pensavo io quando potevo, autista, segretario, giovane apprendista, nipote prediletto, nipote modello, avevo cominciato a fuggire senza averne ancora la consapevolezza, senza avere ancora iniziato a muovermi. Micheluzzo cominciava a rispettare anche me, mi chiamava Avvocato, ci raccontò come era andata.
"A me ‘sto lupo mi stava distruggendo, mi faceva fare mille sciocchezze, mi faceva correre all'osteria anche di giorno ormai. Così, ho raccolto i soldi che avevo Avvocà e me ne sono andato via. Dicono che mi sono dimesso, io so solo che ‘sti soldi che avevo erano davvero quattro spiccioli. Ho preso la mia roba e me ne sono andato a piedi fino alla Stazione, più di tre ore ci ho messo Avvocato, camminavo e il lupo era lì, sempre al suo posto. Quando sono salito sul treno c'era ancora, si è sistemato proprio accanto a me, e io cominciavo a preoccuparmi, un viaggio di dieci ore da fare insieme mi metteva paura, poi tutto a un tratto Avvocà mi sembra di sentirmi più leggero. Quel treno camminava veloce, all'inizio dal finestrino si vedeva il mare, io non me ne ero mai andato dalla Calabria, non è mica sempre uguale la terra, cambiano i colori, la luce. Io pensavo che il lupo si era addormentato, che magari gli faceva paura il rumore del treno o che non sopportasse le chiacchiere di quelli che stavano nel mio scompartimento. Io dopo un po' mi sono messo pure a parlare, c'era gente istruita accanto a me, usavano parole difficili, raccontavano di città lontane e io non ci pensavo più al lupo. Per la verità Avvocato, quando siamo arrivati a Roma mi è preso un gran vuoto in pancia, ma era una sensazione diversa, era tristezza, era paura, erano cose che so vincere, cose che mi passano subito. A Roma Avvocà sono sceso, mi sono andato a vedere il Vaticano, non ve lo devo mica dire io a voi quanto è grande, grande quanto il Signore, voi lo sapete che ci ero sempre voluto andare a pregare lì dentro perché sono un buon cristiano io, mi sono tolto il cappello, mi sono inginocchiato davanti all'altare, mia madre non c'è mai potuta arrivare fino a qui, ho pregato anche per lei e poi sono ripartito. È tutto così grande a Roma, io dico meno male che in città i lupi non ci sono, perché se no sarebbero enormi pure quelli. Non si sopporterebbe mica un lupo a cinque piani.
Insomma Avvocato io stavo bene, mi funzionava il cervello e non mi tremavano più le gambe, ho dormito sereno in treno come non mi capitava da un sacco di tempo e quando sono arrivato a Milano mi sentivo proprio felice, mi sentivo al sicuro, salvo finalmente. Ora sembrerà strano ma ero anche dispiaciuto per il lupo, chissà dove era finito. Ho camminato Avvocato, ma era faticoso camminare in città, è diverso che camminare nei campi, si sbatte contro la gente, l'aria puzza ed è pesante, c'è un rumore insopportabile, insomma Avvocato quando sono arrivato da mio fratello ero davvero stanco, spaesato e felice. Un abbraccio contenuto, uno sguardo stupito quando gli ho chiesto se era proprio sicuro che in città lupi non ce ne stavano e poi siamo andati a festeggiare al bar sotto casa sua. Due bicchieri di rosso, io e mio fratello a Milano, c'era gente che parlava strano e che lo salutava a mio fratello, io osservavo tutto senza assorbire niente, le strade larghe, il cielo grigio, i prezzi alle stelle, le donne, centinaia di donne. Io e mio fratello insieme a Milano, ci sediamo a un tavolo, il tempo di guardarsi un attimo negli occhi e mi accorgo che non siamo soli. L'ho capito subito, l'ho riconosciuto dall'odore, ho guardato mio fratello, lui non capiva, lui non poteva capire, io ho chiuso gli occhi, li ho strizzati forti, ho riempito il buio di immagini, ho pensato al treno che correva veloce, alla stazione coperta di questa città, ho pensato a tutte quelle donne, le ho fatte entrare tutte nel Vaticano, ho pensato che magari mi stavo sbagliando, mi batteva il cuore, ho riaperto gli occhi e proprio accanto a me Avvocato, credetemi, c'era seduto il lupo, era arrivato fino a lì, era proprio lui, lo stesso lupo di Satriano mica uno nuovo, era proprio lui, mi aveva trovato.
Così Avvocato se devo portarmelo dentro, meglio qui, nella mia terra che in una città che non conosco. È ancora qui, io mi sono arreso, non provo più a mandarlo via."

Mara verrà, forse.
Un giorno vorrei raccontargliela questa storia.



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