VIAGGIO INVOLONTARIO

Frammenti dal libro
a cura di Benedetto Gusano



Questo libro è stato stampato
per la quarta edizione di
Comunicare fa male
Fivizzano - luglio e agosto 1999



Daniel Antaria

HAMMERFEST 2001



C'ero arrivato nel giorno di quell'anno.
La tundra agostana appiccicava la sua vita impossibile e inesorabile alla plastica che mi tenevo addosso e la mischiava con la salsedine ventosa che saliva di tra le barche del porto e mi pioveva dentro le narici.
Pensarti nei colori di quelle case e fra quei profumi apparteneva al sogno che mi ero cercato, poiché immaginavo che lì i sogni finiscono. Oltre, gli insediamenti latitano. Gli spazi diventano sotterranei per minatori o avamposti per divise, che odio.
Da lì decisi di inviarti un "perché?" che sapevo non avrebbe ottenuto mai risposta.
Lì l'aria si sfianca e io scelsi di respirarla con del Kif marocchino rimastomi in un angolo del bavero.
Così l'ho fatto per davvero di vederti.
Ci siamo ritrovati, dopo un tempo staccato da tutto, al sole della terra dove insieme avevamo vissuto. Nella strada fra i lecci fuggivamo a perdifiato giù per la collina, inseguiti dall'ostilità di mille occhi. Più sotto ancora, in un capofitto senza tregua, lungo la latta bruciata e poi, di seguito, nell'incandescenza della lama. Il tuo vestito s'era incendiato e io lo abbracciavo come fosse per me una bandiera, l'unica che potesse avvolgermi e farmi ardere in una fine che desideravo da sempre. Spegnermi con te in un rogo avrebbe allontanato da me ogni sete. Speravo anche la tua, più unica e grande. Come ultima cosa da fare, con la mia bocca ti ho cercato le labbra.
Di colpo ogni cosa è mutata.
L'orizzonte ha preso a sgretolarsi e i mille occhi ti strappavano via, trascinandoti in un'inconsistenza di vuoto che ti sottraeva a ogni mio senso. Le mie tempie rimanevano sconfitte e il frastuono di una lacerazione primordiale mi spinse a girarmi dall'altra parte, dove mi si parava dinanzi, a schermo, un abominio di non vissuto. Sul quale noi restavamo proiettati in immagini a significato di perdita.
D'improvviso il suono di una sirena, nel porto, mi destò dalla mia cuccia di reti. Strofinandomi gli occhi decisi di sputarti assieme al travaso di Kif che mi comprimeva il palato.
Nella baia di Hammerfest il freddo stringeva ossessivo.



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